Napoleone e lo specchio – una fiaba creata da tutti noi

Il 20 Marzo si è tenuto in libreria un reading dal titolo “Lo specchio sul tappeto”; non un reading come siamo immaginati a pensarlo, infatti, oltre a letture inerenti lo specchio, siamo stati tutti catapultati in “esercizi teatrali”, o meglio “giochi”, per la creazione di una favola conclusiva.

Francesco Zampella, relatore della serata, ha elaborato la favola sulla base di quanto detto e fatto quella sera e ha voluto regalarla ai partecipanti, co-autori del racconto ed anche a tutti voi:

 

Napoleone e lo specchio

C’era una volta un bambino di nome Napoleone… prima di andare avanti sarebbe lecito domandarsi come mai i genitori lo avessero chiamato così… purtroppo non lo saprà mai nessuno visto che coloro i quali diedero al bimbo tale altisonante nome morirono quando lui era da pochi giorni su questa terra… ciò che posso dire è che forse volevano che il loro bambino fosse destinato a grandi cose… grande nome grandi imprese… forse… chissà.

Napoleone fu mandato in un orfanotrofio e li vi rimase per i primi sette anni e a questo punto della sua vita la nostra storia comincia.

Ora come in tutte le storie ambientate in un orfanotrofio ci si aspetterebbe di parlare del fatto che il povero Napoleone era un bambino triste e solo, maltrattato dagli altri bambini, che passa da una famiglia adottiva ad un altra e le solite cose… ma il bambino non si chiama Oliver Twist, quindi non ci sarà nulla di tutto questo.

Conosciamo il piccolo Napoleone con le solite domande…

Chi e come era questo bimbo? Il piccolo Napoleone era un bambino particolare. La sua particolarità era quella di star bene con se stesso senza che avesse bisogno di alcun legame, giocava e apprendeva dal mondo intorno a se senza tristezza ne gioia aveva solo sete di conoscere e di migliorare. Non che le persone non lo notassero ma non avevano per lui particolare interesse e lui lo stesso.

Era un bambino buono o cattivo? Se si vuole sapere se era un bambino educato… allora sì era un buon bambino, se lo intendiamo nel senso di avere cuore diciamo che Napoleone non avrebbe fatto del male a nessuno in nessun modo, almeno volontariamente.

Napoleone durante il giorno giocava come tutti i bambini fanno, non aveva molti giocattoli, più precisamente non aveva molto di nulla. Il suo giocattolo preferito era un cinturone con due pistole. Giocava con quello per un sacco di tempo e quando non lo faceva si informava su come giocare meglio, guardava film sul West o chiedeva ai responsabili dell’orfanotrofio di fargli avere dei libri sull’argomento. Non che fosse appassionato di sceriffi o cose simili, semplicemente aveva delle pistole, se avesse avuto una spada si sarebbe interessato al medioevo.

I suoi vestiti erano poveri e soprattutto erano più grandi di molte taglie visto che indossava gli abiti dei bimbi più grandi che una volta cresciuti li passavano ai più piccoli. Di questa cosa dei vestiti lui era contento perché poteva utilizzare gli abiti grandi per travestirsi da qualunque personaggio del West volesse, una volta da indiano, un altra da messicano e così via.

E così passavano le giornate… ma un giorno… (in ogni favola che si rispetti deve esserci almeno un “ma un giorno” e visto che questa è degna di molto rispetto eccovi il “ma un giorno”) accadde che il piccolo Napoleone per errore sentì una conversazione tra due bambini che non si erano accorti di lui, gli altri due bambini prendevano in giro il povero Napoleone soprattutto per il suo essere ridicolo quando si vestiva da indiano o sceriffo. Da quello che il piccolo Napoleone aveva capito era che non era ridicolo per il gioco in se per se ma perché non assomigliava affatto ai personaggi che voleva imitare. Per Napoleone fu uno shock, non per la critica ma per due ben più importanti motivi; il primo era che aveva capito che gli altri si accorgevano di lui anche se non lo davano a vedere e stavano attenti a come si travestiva e il secondo era che esisteva un qualcosa che rendeva importante l’apparenza, non capiva bene cosa ma sentiva che c’era una necessità che i due bambini non definivano chiaramente ma che di sicuro era importante… la domanda che frullava nella testa di Napoleone era: come facevano a dire che non era come nei film? Come facevano a mettere in relazione le due cose? La realtà e la fantasia? Come facevano a vedersi da fuori? Provò in vari modi. Provò a mettere i cuscini nei suoi abiti per creare un manichino da osservare da fuori, provò a disegnarsi e così via… ma a lui piaceva sempre quello che vedeva e continuava a non capire… poi comprese. Comprese che dovevano avere uno strumento per comprendere ed mettere in relazione e poi ci arrivò… certo lo specchio! Non ci aveva mai pensato prima. Potrebbe sembrare che Napoleone fosse stupido, chiunque avrebbe pensato a guardarsi allo specchio ma a lui era venuto in mente solo dopo molti tentativi, chissà perché… comunque sta di fatto che comprese e decise che lo avrebbe utilizzato per migliorarsi.

Passava le ore davanti lo specchio per assomigliare agli eroi che aveva visto in televisione, immaginato nella sua fantasia o letto nei libri ma non riusciva mai a raggiungere la perfezione, anzi non raggiungeva nemmeno una decente somiglianza, provava in tutti i modi ad utilizzare i vestiti che aveva ma senza risultato, prima bastava mettersi il pantalone sulla testa per essere un indiano con la treccia lunga lunga fatta intrecciando le gambe dello stesso pantalone, ora non bastava più.

È inutile che mi dilunghi troppo su questo punto, la cosa era chiara, Napoleone non si divertiva più come prima, il tempo per giocare diventava sempre di meno, ne passava troppo davanti lo specchio e quando il travestimento sembrava almeno accettabile ormai era troppo tardi e doveva fare i compiti o era ora di andare a tavola o di dormire.

(A questo punto il secondo “ma un giorno”). Ma un giorno in cui era travestito da cow-boy, o meglio cercava di vestirsi, terminò la pazienza e restò a guardarsi torvo allo specchio senza arrivare al risultato sperato… mentre faceva ciò con le mani sui fianchi gli cadde lo sguardo sulle pistole e l’immagine di se fece lo stesso, lo sguardo poi si spostò sul bambino che lo osservava nello specchio e i loro sguardi di ghiaccio s’incrociarono, entrambi sapevano che il mondo era troppo piccolo per tutti e due e che uno dei due doveva uscire di scena, ognuno teneva troppo tempo bloccato l’altro allo specchio con degli stupidi particolari e Napoleone voleva tornare libero, sapeva che avrebbe dovuto combattere per questo e lo avrebbe fatto, un duello, certo cosa c’è di meglio? Un duello come i suoi eroi preferiti, un duello c’era sempre e così sarebbe stato.

Il tempo rallentava, la tensione cresceva, gli sguardi erano saette, le piccole manine si spostavano lentissime, scendendo verso le pistole, sapeva che sarebbe durato un attimo, che in quell’attimo si sarebbe giocato la sua libertà, sapeva che anche l’altro nello specchio era veloce ma lui sarebbe stato un fulmine. Il tempo ora era fermo… intorno a lui il pubblico del saloon, la vecchia Betty (c’è sempre una vecchia Betty ad assistere ai duelli anche se nessuno ha capito mai chi o cosa sia), i lavoratori della vecchia stalla, tutti i personaggi che possono trovarsi in un western o almeno nella fantasia western di un bambino erano li. A guardarlo e a tenere il fiato, si udiva solo il vento e poi il fragore improvviso! Un attimo, un tuono, aveva entrambe le pistole in mano fumanti, nell’attimo dell’esplosione doveva aver battuto gli occhi… quando li riaprì si trovò di fronte una cosa che…oh!

Il bambino nello specchio era a terra… morto, con le pistole ancora fumanti, Napoleone posò le sue, si tastò cercando una ferita ma non ne aveva, aveva vinto, il boato di vittoria di tutti gli spettatori glielo confermò. Si tolse il cappello (che era una camicia arrotolata in testa) e salutò tutti e poi felice tornò a giocare, da quel giorno non s’interessò più allo specchio e a come sembrava, aveva capito.

Che cosa aveva capito? Difficile da dire per un bambino piccolo come Napoleone ma probabilmente aveva capito che era tornato padrone del tempo, sicuramente non si rese conto di quello che fece, non sapeva nulla di narciso o altri come lui ma aveva vinto e aveva tutto il tempo di giocare anche se più che un cow-boy sembrava un turco con il turbante, a lui non interessava, o meglio non se ne rendeva proprio conto ma era felice così.

Chissà se starà bene e come crescerà e cosa diventerà, di sicuro non diventerà la copia di quello che vedeva nello specchio.

 

Scritto da Francesco Zampella e da tutto il pubblico partecipante alla serata dello “Specchio sul tappeto”: Max Gazzè, Il Pragmatico, Voce Dall’Oltretomba, Io Sono Il Fotografo, Vedo Prima L’esercizio E Poi Vado, No Io Mi Vergogno, La Psicologa, Faccio Meno Movimenti Possibile e Fidanzato, Fallo Sensuale (detto “il mirko”), Presentatore Mi Sono Segnato Le Cose Da Dire, Babbo Della Libreria e tutti gli altri (la prossima volta parlate di più così esce un nome pure per voi per ora schiattate per l’invidia).

Volevo ringraziare tutti per la bella serata e vi regalo questa piccolissima cosa, spero di rivedervi presto e che le pistole che avete siano cariche e funzionanti per il duello con quello che avrete di fronte. A presto e grazie per l’attenzione.

Lo Specchio sul Tappeto | reading&teatro

Venerdì 20 Marzo alle 21, nella Piccola Libreria 80mq, tra tappeti, cuscini e luci soffuse, un reading sullo specchio nella vita quotidiana, nel teatro e nella letteratura. Lo specchio: un oggetto che usiamo quotidianamente, il quale però un suo utilizzo malsano e abusato potrebbe rischiare di diventare “una nuova droga. Le superfici riflettenti ed illusorie sono ovunque, impariamo a distinguerle e a non esserne schiavi.

Relatore: Francesco Zampella

Lettori: Francesco Ricupito, Salvatore Mercogliano

Appuntamento a venerdì 20 Marzo alle ore 21 alla Piccola Libreria 80mq.

Ingresso libero.