Cosa significa essere antifascisti oggi

Odio gli indifferenti; credo che vivere voglia dire essere partigiani; chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia, opera potentemente nella storia; è la materia bruta che si ribella all’intelligenza e la strozza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia promulgare leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti….vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti

Così citava il politico, filosofo e giornalista Antonio Gramsci, fondatore del Partito Comunista e che sempre s’impegnò in una lotta contro il regime fascista,dal quale fu anche incarcerato.

Noi giovani del laboratorio 80mq ci impegniamo affinché l’antifascismo non sia solo un fatto storicamente avvenuto in un passato più o meno lontano, non sia più visto da molti giovani come un “pericolo scampato”, come delle paure ormai superate; ci proponiamo invece di tenere il dibattito sempre acceso, cerchiamo di non sottovalutare ogni focolaio che possa rigenerarsi, tentiamo di prestare la dovuta attenzione ai gravi fatti attuali che destano preoccupazione per la vita giusta della società civile ma che spesso vengono decontestuallizzati da una vera e propria matrice di stampo fascista, tanto da essere facilmente sottovalutati nella loro portata persuasiva. A questo proposito esprimiamo il nostro pensiero per convincerci e convincere a non abbassare la guardia nei confronti di un male che tanto dolore ha già portato in passato ma che non smette di farlo tutt’oggi, disegnando una società divisa, timorosa, razzista e diseguale!

Il fascismo non è morto il 25 aprile 1945. Sin dalla fine della II guerra mondiale, i fascisti si nascondono dietro sigle e partiti che professano con nuovi linguaggi la solita fetida ideologia, fondata su ignoranza e violenza. Il problema, tuttavia, non è tanto questo fascismo che potremmo definire “visibile”, fatto di gruppi e gruppetti di provocatori, di stupide teste rasate e urlatori da stadio che ancora credono alla favola del “Quando c’era lui i treni partivano in orario”. Il vero problema sono, in realtà, quelle pratiche fasciste e razziste, più o meno velate, che ancora caratterizzano la nostra società e che si nascondono dietro misure istituzionalizzate apparentemente innocue di “ pubblica sicurezza”, di “ordine pubblico” e di “prevenzione”. Gli eventi degli ultimi giorni ci dimostrano chiaramente come tali pratiche fasciste siano estremamente radicate nella nostra quotidianità. Le stragi dei migranti e l’inadeguata accoglienza che questi ricevono, non sono nient’altro che l’espressione di una volontà e di un’indentità fascista dell’Italia e dell’Europa in generale, che preferisce lasciar morire le persone in mare o rilegarle in uno stato di semi-schiavitù, piuttosto che rischiare quello che l’Occidente e le camice nere del nuovo millennio chiamano una “contaminazione culturale”. C’è, inoltre, qualcosa di estremante aberrante e che ricorda il nostro passato coloniale quando come soluzione a queste tragedie si propongono degli attacchi militari verso le coste libiche e non, ad esempio, l’apertura di un canale umanitario per favorire l’accesso alla blindatissima Europa. In effetti, negli ultimi anni in tutta l’Unione Europea (Italia compresa) si è assistito ad un aumento delle aggressioni verso gli stranieri, i musulmani, i Rom e in generale verso l’ “Altro” e il “diverso”. Pertanto, è in queste nuove forma di nazionalismo, di razzismo e di xenofobia, senza parlare dei continui attacchi ai diritti, agli spazi di democrazia e libertà, all’uguaglianza che il fascismo continua ad esistere e ad evvelenare le nostre comunità. A tutto ciò noi dobbiamo opporci mostrando attraverso la cultura come la società civile sia impregnata di questo marciume, di queste logiche classiste, razziste, nazionaliste e sempre attraverso questa mostrare come ci si possa liberare da tutto ciò e fondare così una nuova società più giusta e, quindi, antifascista.

Il passato ci regala grandi lotte condotte a costo della propria vita, grandi azioni coraggiose, grandi insegnamenti che dovremo far nostri nella formazione di coscienze più consapevoli e riflessive, che si indignino dinanzi a soprusi ancora oggi in atto nei confronti degli stranieri, dei più deboli e dei diversi. La storia ci insegna che l’antifascismo, pur non ponendosi come un unico movimento unitario – le forze sociali impegnate contro il fascismo furono molteplici e caratterizzate da spontanei movimenti operai, contadini e popolari – ha avuto il grande merito di opporre la prima forma di resistenza alla dittatura dilagante in Italia, attraverso azioni e atti di coraggio da parte delle più disparate personalità della classe subalterna.

Dobbiamo avere il coraggio e la consapevolezza di ammettere che, nonostante le grandi lotte passate, le tante e dolorose morti di chi ha strenuamente combattuto contro idee ingiuste, c’è ancora molto da fare e da dire in una società che, più che estirpare definitivamente questo male l’ha “normalizzato”, l’ha reso silenzioso e quotidiano, l’ha reso un “modus vivendi”. Una cultura ormai metabolizzata che ci fa vedere lo straniero come un delinquente, il lavoratore come un nullafacente cui tutto è dovuto, il “diverso” come un qualcosa di pericoloso da contrastare, l’associazionismo come un pericolo, i gruppi alternativi come fondatori di pseudo-ideologie che vogliono stravolgere lo status quo che,invece, non va destabilizzato. A questo modo di vedere, intriso di disuguaglianze e ingiustizie sociali bisogna continuare ad opporsi.

Il male non è sopito! Tutt’oggi non bisogna abbassare la guardia, c’è bisogno di essere attenti, di avere il controllo delle situazioni più silenziose per non lasciare nuovo spazio al fascismo o al neofascismo. C’è bisogno di unire chi, all’epoca, ha combattuto da partigiano a chi oggi pensa da antifascista; c’è bisogno di unire i valori della Resistenza a quelli dell’associazionismo. C’è bisogno di unire il ricordo di chi ha dato la propria vita per la nostra libertà e la giustizia e chi, ancora oggi, vuole più rispetto dei diritti umani e una società più giusta. E’ nel ricordo, nell’informazione, nella collaborazione, nella denuncia delle disuguaglianze che stanno un futuro antifascista e una società migliore!

(intervento sull’antifascismo – 25/04/2015 LIBrERiAZIONE VI edizione)

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